80 milioni. È questo il numero degli Europei che hanno almeno una disabilità, che si riflette anche in una oggettiva difficoltà nell’utilizzo di Internet. Un numero enorme, che entro il 2020, a causa anche del progressivo invecchiamento demografico, potrebbe crescere fino a 120 milioni. Ma allora come garantire a tutti il diritto di accesso alla Rete?

Il 26 ottobre scorso il Parlamento Europeo ha approvato la “Direttiva sull’accessibilità del web” che dovrà armonizzare le varie disposizioni nazionali sul tema. I siti e le applicazioni mobile su smartphone e tablet di amministrazioni, tribunali, dipartimenti di polizia, ospedali pubblici, università e biblioteche dovranno soddisfare standard comuni di accessibilità utilizzando, ad esempio, software specifici che permettano di ingrandire gli schermi o di fare a meno del mouse. Ma anche prevedendo testi alternativi per le immagini o sottotitoli per i video.

Inoltre, gli enti pubblici dovranno fornire e aggiornare regolarmente una “dichiarazione di accessibilità particolareggiata” sulla conformità alla direttiva, illustrando le parti di contenuto non accessibili e motivandone le ragioni dell’inaccessibilità. Un “meccanismo di feedback” garantirà il coinvolgimento attivo dei cittadini, che potranno segnalare non conformità e richiedere informazioni sul contenuto inaccessibile.

La Direttiva esclude dal suo campo di applicazione i contenuti web non necessari ai processi amministrativi (ad esempio, i formati di file per ufficio, i file media preregistrati o i contenuti di siti web archiviati). Ma queste informazioni dovranno essere accessibili su richiesta. E in caso di risposta insoddisfacente, gli Enti dovranno offrire un riscontro adeguato entro un tempo ragionevole e fornire il link per una “procedura di attuazione” cui sarà possibile fare ricorso. A vigilare sul rispetto di queste norme sarà un’autorità ad hoc designata dai singoli Stati membri. Ma Internet è molto più che siti web e applicazioni delle PA. Per questo l’obiettivo dei legislatori è una riforma che includa, nel tempo, anche il mondo privato dei servizi: banche, stazioni televisive, ospedali privati e così via.

In Italia il tema dell’accessibilità è regolato dalla “Legge Stanca” del 2004″. Ma cosa fa il CSI per i siti web delle PA? “In CSI – spiega Andrea Muraca, Responsabile di Area Soluzioni Web, mobile e social media – i siti degli Enti vengono realizzati sulla base delle regole tecniche e redazionali derivanti dalla Legge Stanca e dai suoi successivi aggiornamenti”. Il Consorzio, inoltre, promuove attività di aggiornamento interno e presso il cliente per tenere alto il livello di attenzione sul tema”. “L’accessibilità, infatti, non è un prodotto web definito una volta per tutte, ma una serie di caratteristiche che occorre mantenere nel tempo, facendo i conti con i nuovi contenuti e le evoluzioni del prodotto stesso”.

“È importante – aggiunge Riccardo Franco, Progettista dell’Area Soluzioni Web, mobile e social media – sottolineare due aspetti della nuova Direttiva europea: dal punto di vista tecnico, assicurerà un processo più controllato e uniforme di resa accessibile dei contenuti web, sollecitando verifiche più precise e frequenti. Ma più in generale sarà necessaria una sempre maggiore consapevolezza, da parte delle PA, dell’importanza del tema e di quanto sia fondamentale un adeguato supporto, in un processo di collaborazione e formazione continua”.

“La stessa progettazione accessibile dei contenuti – conclude Franco – dovrà integrarsi con la disciplina dello User Centered Design (UCD) per mantenere il controllo di tutti i fattori che intervengono nella fruizione dei contenuti web”.

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