Speciale Protezione Nazionale. Quella con il CSI Piemonte è una collaborazione che dura da molti anni e che ha portato a interventi su scala nazionale in occasione delle più gravi emergenze naturali. Ne abbiamo parlato con Furio Dutto, Dirigente del Servizio Protezione Civile della Città Metropolitana di Torino.
Sui temi della Protezione Civile CSI e Città Metropolitana di Torino lavorano insieme da molti anni. Qual è secondo lei il cuore di questa collaborazione?
Nel 2000 in occasione dell’alluvione di ottobre si sperimentò per la prima volta in Italia la comunicazione in tempo reale rivolta ai cittadini, in un’epoca in cui la PA a malapena aveva pagine di rappresentanza sui propri siti web. Da questa esperienza nacque negli anni successivi un progetto allora molto all’avanguardia sulla comunicazione dell’emergenza, che oltre agli aspetti procedurali organizzativi e ai contenuti da comunicare, ha visto nascere e svilupparsi progressivamente nel tempo anche le tecnologie necessarie per fare comunicazione con efficacia in situazioni “difficili”, prevedendo anche di fronteggiare scenari che consideravano possibili interruzioni di erogazione di servizi.
Si è partiti da un ragionamento non scontato: la protezione civile è soprattutto anche se non solo, capacità di comunicare tra autorità, operatori e cittadini. Il tutto per rispondere con efficacia, prendere decisioni, trasmetterle in breve tempo e informare, anche in situazioni estreme. Così nacque in comune il progetto per realizzare un Centro di Coordinamento Mobile (camion) che è ancora oggi dopo numerosi aggiornamenti all’avanguardia in Italia e che è stato usato con successo negli anni per fronteggiare emergenze in Piemonte e in numerose situazioni in Italia (a L’Aquila in occasione del terremoto del 2009 o a Concordia sulla Secchia nel terremoto del 2012).
Il camion rilancia di fatto un ruolo della nostra Protezione Civile: un ruolo moderno ed efficace di supporto ai comuni e alle aree più remote e marginali del territorio, colmando un deficit di accesso ai servizi inteso come digital divide. Per rendere efficace questo servizio, parallelamente agli aspetti hardware si è fatta molta attenzione e si è lavorato insieme per tenere allineate e accessibili basi dati complesse e molto ampie con un lavoro quotidiano di aggiornamento e revisione.
Come pensa possa evolvere questa collaborazione in futuro?
Abbiamo già gettato insieme le basi per almeno tre sviluppi fondamentali, per i quali stiamo lavorando grazie anche ad alcuni progetti europei terminati e alle nuove proposte presentate ed in corso di valutazione in questi mesi.
Innanzitutto dobbiamo aggiornare l’hardware dei nostri sistemi. Solo essendo sull’onda delle innovazioni potremo giocare sempre un ruolo di rilievo, compatibilmente alle ridotte risorse economiche attuali. Poi dovremo sviluppare motori di ricerca e output moderni, veloci ed efficaci per fronteggiare l’abnorme aumento delle informazioni territoriali, oltre alla disomogeneità e alla dispersione delle fonti. Dobbiamo poi imparare a utilizzare i metodi di comunicazione moderni come i social media, restando al passo con i tempi senza cadere nella genericità e volatilità e instabilità tipica di questi strumenti.
Riprendo una frase della collega Alessandra Vindrola che si occupa della nostra comunicazione per spiegarmi meglio: “Per dirla alla vecchia maniera, con McLuhan, il mezzo è il messaggio” e quindi la base tecnologica di diffusione delle informazioni, specialmente in ambito della protezione civile, non è soltanto uno strumento a disposizione per la prevenzione ed il soccorso, ma ancor di più esprime il “modo” di fare protezione civile. In questo senso la sintonia con il CSI è indispensabile e deve andare dritta al cuore della collettività.